Come affrontare i problemi di autostima come i disagi, la vergogna, la timidezza?

Come affrontare i problemi di autostima come i disagi, la vergogna, la timidezza?
Misurare ogni parola che si pronuncia nel timore di dire qualcosa di inappropriato e sembrare stupidi o fuori luogo, nascondersi dentro indumenti anonimi per evitare di attirare l'attenzione sulla propria fisicità, tenersi sempre in disparte, non prendere mai l'iniziativa, tacere nelle discussioni per evitare il confronto, non iniziare mai una conversazione per primi... 

Per una persona insicura, ogni singolo gesto è scandito dalla paura di venir giudicati dagli altri e di doversi confrontare con un'umiliazione percepita come insostenibile.

L'insicurezza è una condizione che accomuna tantissime persone e la società in cui viviamo, basata sull'apparenza esteriore e su modelli di successo esaltati fino all'inverosimile, sicuramente non rende le cose più facili a chi ha già problemi di autostima.

Ciononostante non dobbiamo pensare che a generare le insicurezze siano soltanto le pressioni sociali: l'autostima dipende anzitutto dalla percezione che abbiamo di noi stessi.

“Sono brutta”, “sono un incapace”, “sono un buono a nulla”, "non ne combino una giusta”, “le ragazze mi evitano”, ”non faccio altro che sbagliare”, “non piaccio a nessuno”, “non merito nulla”, “sono indegno di essere amato”, quando siamo insicuri non solo pensieri negativi formulati in un momento di sconforto, sono delle granitiche convinzioni da cui niente e nessuno può dissuaderci.

Tutti hanno delle insicurezze, ma quando l'insicurezza è talmente radicata da condizionare ogni aspetto della nostra vita e da impedirci di viverla con spontaneità e senza il costante pensiero di essere in guerra con noi stessi, allora dobbiamo cercare di affrontarla.

Quando abbiamo scarsa stima di noi stessi ci guardiamo molto intorno, osserviamo gli altri e ci sembra che non siano minimamente afflitti dallo stesso malessere che proviamo noi. Questo ci persuade ancora di più che il nostro sentirci costantemente a disagio, o l'essere eccessivamente timidi o, ancora, l'avere poca stima di noi stessi, sia una colpa. Una colpa che naturalmente rivolgiamo a noi stessi senza pietà, affossandoci sempre di più, persuadendoci, se è possibile con ancora più convinzione, di sbagliare sempre tutto e di essere noi stessi “sbagliati”. E non ci sono incoraggiamenti, riconoscimenti o parole rassicuranti di amici, famigliari o partner che tengano: per chi ha una scarsa autostima l'unico metro di giudizio disinteressato è il proprio. Quando siamo insicuri siamo propensi a pensare che gli altri ci valorizzino o ci facciano i complimenti per qualcosa non perché effettivamente ce lo meritiamo, ma perché sono loro mossi da compassione e buona fede.

Se nessuno può far nulla per dissuaderci e noi, malgrado siamo convinti che la nostra infelicità sia colpa nostra e che non meritiamo di essere felici, continuiamo comunque a tormentarci, desiderando intimamente che le cose migliorino, allora significa che abbiamo raschiato abbastanza il fondo per provare a risalire.

È essenziale a questo punto che riconosciamo una cosa importante, e cioè che la nostra insicurezza nei rapporti con gli altri, la timidezza, l'imbarazzo, il senso di inadeguatezza, in realtà non dipendono dalla paura di ciò che gli altri possono pensare di noi, ma di ciò che noi presupponiamo dogmaticamente che gli altri possano pensare.

Ci sono persone a cui piacciamo e altre a cui non piacciamo, questo vale per chiunque, ma noi siamo convinti di non piacere agli altri a prescindere, perché facciamo costantemente riferimento al nostro metro di giudizio spietato e categorico per cui qualsiasi cosa facciamo, in qualsiasi maniera ci comportiamo, in qualunque modo ci poniamo, non è mai abbastanza o non va mai bene.

La cosa più difficile di tutte è mettere in discussione il nostro metro di giudizio e rinunciare a qualsiasi pretesto per disprezzare noi stessi.

Questo non vuol dire che dobbiamo ripeterci ipocriti slogan di incoraggiamento, o peggio, mentire a noi stessi e agli altri fingendo di essere persone sicure di sé. Vuol dire semplicemente abbandonare il presupposto che le nostre caratteristiche siano necessariamente caratteristiche negative o difetti.

Ognuno di noi si è costruito una certa immagine di sé. Ci percepiamo in un certo modo, ci attribuiamo connotati, comportamenti, tratti del carattere, inclinazioni e capacità. Molto spesso c'è uno scarto importante tra come crediamo di essere e come ci vedono gli altri e questo proprio perché la rappresentazione che abbiamo fatto di noi stessi e quella che altri hanno di noi non coincidono.

Cosa ci suggerisce questo? Che o noi o gli altri sbagliamo? Che nessuno potrà mai dire di conoscere se stesso? O piuttosto che noi esseri umani, semplicemente, non siamo entità statiche e monocromatiche, ma possediamo infinite sfumature e abbiamo la capacità di mutare noi stessi?

Se quella che abbiamo di noi è una rappresentazione che può variare, perché non proviamo ad osservarci attraverso uno sguardo nuovo, lasciandoci alle spalle i pregiudizi che finora abbiamo avuto nei confronti di noi stessi?

Se nella nostra mente, quando pensiamo a noi stessi, si presenta puntuale il pensiero dell'impotenza e del fallimento, proviamo a ripensarci in maniera nuova, creiamoci un'immagine di noi stessi che sia conforme ai nostri desideri e alle nostre aspirazioni, osiamo pensarci realizzati, capaci e soddisfatti, perché il nostro limite non ha mai risieduto nelle nostre capacità, nella nostra intelligenza o nel nostro aspetto esteriore, ma in quella stessa insicurezza a cui abbiamo permesso per tanto tempo di nutrirsi del meglio di noi.

Lasciamo fuori dalla nostra nuova immagine l'insicurezza, concentriamoci piuttosto su quelli che sono gli obiettivi che vorremmo portare a termine, gli aspetti di noi che vorremmo migliorare, ciò che vorremmo comunicare agli altri. All'insicurezza abbiamo dato fin troppo di noi stessi, mettiamola da parte, non permettiamole più di invadere lo spazio che spetta alle nostre aspirazioni, ai nostri desideri e ai nostri progetti.

Valutiamo le sfide che la vita ci riserva da una prospettiva propositiva anziché distruttiva, guardiamo ad esse non più come a potenziali fonti di fallimento, ma come possibilità che la vita ci offre di affermare noi stessi attraverso le cose che facciamo, le parole che diciamo, i sogni che coltiviamo e impariamo soprattutto ad apprezzare ciò che abbiamo già, come i nostri affetti e le cose di tutti i giorni, che ci hanno sempre accompagnati, malgrado tutto.

Se cambieremo il modo in cui vediamo noi stessi, se sfideremo le nostre insicurezze, allora nulla ci sembrerà più inaffrontabile.

Sara Garau